La psichiatria da decenni ha subito una profonda modificazione nei suoi caratteri peculiari e molte volte i cosiddetti “ esperti” si sono interrogati su cosa dovesse fare e quale fosse la sua vera funzione nella società. Bene, premesso che prima dell’Ottocento non esisteva una scienza “psichiatrica” e che le fonti ci dicono che il fondatore di questa specialità della medicina sia stato Pinel, che la nascita delle prime strutture psichiatriche in Inghilterra risale alla fine del Settecento, pur avendo simpatia e apprezzamento per i cultori della storia della psichiatria, la sostanza delle cose è però un’altra.

La vera questione di fondo riguarda cosa veramente sia la psichiatria, e se veramente essa sia utile per comprendere il fondo e per carpire i segreti della psiche e dell’anima. Senza dubbio il Novecento ha segnato un netto passo in avanti nella scoperta e cura di gravi malattie psichiatriche quali le psicosi e la schizofrenia, ma nessuno si è mai domandato, o se questo è stato fatto non sono state date delle risposte scientifiche, se veramente ha contribuito in maniera significativa al miglioramento della vita dei malati mentali. In Italia, sulla scia delle teorie anni settanta sviluppatesi negli USA che volevano far credere che le malattie mentali non esistessero, dopo decenni di studi dedicati ai vari tipi di disturbi psichiatrici, nel 1980 ad opera dello psichiatra veneziano Franco Basaglia il Parlamento varò la famosa legge 180 che di fatto sancì la chiusura lenta e drastica dei manicomi, strutture fino a quel momento di primo livello e indispensabili per la cura e il ricovero dei “matti”, le cui fondamenta sono del tutto ideologiche e prive di fondamenti e studi scientifici veri. Premesso che si può condividere il tentativo di “umanizzazione” dei luoghi di cura psichiatrici, i quali così com’erano stati concepiti dal legislatore del secolo scorso apparivano senz’altro bui e coercitivi per chi veniva istituzionalizzato, dall’altra parte non vi era altro trattamento per le malattie mentali più invalidanti che il ricovero in una struttura di questo tipo. Oggi dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, frutto di una scelta ideologica e sbagliata alla base del provvedimento, si assiste a un netto impoverimento dell’assistenza e delle terapie di chi soffre di gravi disturbi psichiatrici, e questo perché il legislatore ha compreso da anni che curare in strutture sanitarie adeguate i malati e dare loro un’aspettative di vita più lunga e qualitativamente migliore, comportava dei grossi costi a carico dello Stato. Bisogna rilevare che pochi psichiatri o esperti del settore hanno fatto sentire la loro voce per una riforma “vera” del mondo dei malati mentali, e quindi siano arrivati oggi ad un punto di non ritorno per molti aspetti di questa grave e drammatica problematica sociale. Appare scontato ma è utile ricordarlo come la malattia mentale non è soltanto una problematica di tipo sanitario, ma soprattutto di tipo sociale, per i risvolti inevitabili che ha nella società.

Nessuno potrà negare il fatto che se gran parte delle malattie più gravi sono curabili con le terapie mediche e con l’uso degli psicofarmaci, il cui abuso è deleterio come il non uso se necessario, nella società moderna ai malati e ai familiari. la vera sfida è capire quale funzione debba avere questa scienza se così si può definire la psichiatria, e quali sono le cose che fino ad ora non è stata in grado di dare a malati e familiari. Non servono convegni inutili ma proposte e fatti, tutto il resto direbbe qualcuno e “Noia” maledetta noia.

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