La realtà aumentata in cardiochirurgia: quando è stata usata in Italia e le prospettive
La realtà aumentata è uno degli esempi lampanti di innovazione tecnologia che si applica alla vita del cittadino. Può essere considerata come un sesto senso che permette di aumentare e arricchire le informazioni sensoriali, solitamente convogliate elettronicamente. Fino a poco tempo fa, almeno in Italia, il suo impiego ero scisso dal mondo sanitario, ma di recente abbiamo scoperto che non è affatto così. La grande svolta, che potrebbe essere sempre più stabile anche nel nostro Paese, è arrivata sul finire dello scorso gennaio a Palermo, nello specifico all’Ismett – Upmc – alla base c’è una collaborazione internazionale tra la regione Sicilia e l’University of Pittsburgh Medical Center. L’equipe chirurgica, con a capo Francesco Musumeci, si è avvalsa proprio dell’ausilio della realtà aumentata per la chiusura dell’auricola sinistra, una piccola estroflessione dell’atrio di sinistra. L’intervento è mini-invasivo e si esegue in pazienti che soffrono di fibrillazione atriale cronica che hanno presentato controindicazioni rispetto alla consueta terapia anti-coagulante. Si procede, quindi, con la tecnica percutanea tramite l’inserimento di un occlusore e il risultato finale è una sorta di blocco a ombrellino all’imbocco dell’auricola, prevenendo ictus e la formazione di trombi. Ma quali sono in generale le migliorie della realtà aumentata in ambito cardiochirurgico? Di fatto, questo tipo di tecnologia permette la ricostruzione in 3D di un organo, e di conseguenza il chirurgo può operare prima su un ologramma e simulare i passaggi chirurgici modellati sul singolo paziente. Ovviamente, bisogna ancora capire tutte le reali potenzialità e gli utilizzi: siamo solo all’inizio. Fin da subito, però, si intuiscono prospettive parecchio floride su un impiego a lungo termine. I chirurghi possono affinare e testare i gesti chirurgici più complessi e, si spera, essere più efficienti nell’operazione concreta, anticipando i possibili rischi. Che poi, se ci pensiamo bene, a cosa serve la tecnologia se non a facilitarci la vita? Potrebbe essere così anche in sala operatoria.