Libri – Psicoanalisti in Lockdown – A cura di Monica Horovitz e Adelia Lucattini (Solfanelli)
Considerazioni interessanti su come tornare a vivere dopo il lockdown ce le raccontano in modo pragmatico, ma "unico", a dir poco, coinvolgente, Adelia Lucattini e Monica Horovitz. Un libro, ricco di emozioni, talvolta, fragili, ma nel contempo, coraggiose, vissute dagli psicoanalisti in più parti del mondo, impegnati in prima linea nell'emergenza Covid -19, a sostegno dei propri pazienti. "Alla ricerca di un nuovo equilibrio con il virus, abbiamo vissuto tutti fasi alterne. Si è passati dall'idea trionfalistica dell’immunità di gregge e della guarigione, allo scoramento, quando si è stati colpiti da questa nuova ondata. Ora, nella consapevolezza di dover accettare una prolungata convivenza col virus, gestita in modo sempre più individuale, l'atteggiamento collettivo sta cambiando. Da una parte, si fa strada una visione più matura e meno spaventata, che riconosce l'efficacia della scienza. Dall'altra, aumenta il carico d'ansia, associato alla consapevolezza che la scienza ha limiti intrinseci". “Durante tutti i mesi di confinamento”, scrive Adelia Lucattini, “l’analisi con i pazienti non si è mai interrotta, dapprima, a studio con i presidi di sicurezza personale, poi anche da remoto, fino alla fine del lockdown”.
La Recensione
Di Marialuisa Roscino
La pandemia, nella fase più acuta, ha portato enormi malesseri e disagi. Non ultimi quelli psicologici. È stato infatti valutato che, a livello internazionale, il 35% della popolazione ha manifestato anche sintomi correlati all’isolamento come ansia, insonnia, stress post traumatico e in percentuale più bassa disturbi depressivi. Il post lockdown dunque comporterà una serie di problemi e aspetti che dovranno necessariamente essere monitorati e affrontanti.
Proprio su questo tema, risulta essere interessante il libro: “Psicoanalisti in Lockdown. Efemeridi di menti a distanza” (Solfanelli), a cura di Monica Horovitz e Adelia Lucattini.
Come si legge nella presentazione, il volume raccoglie le testimonianze di un gruppo di quattordici psicoanalisti dislocati in diverse nazioni (Francia, Italia, Argentina e Libano), sulla loro attività professionale durante il lockdown del marzo 2020, dovuto alla pandemia da Covid-19.
Si tratta di riflessioni stimolate dalla psichiatra e psicoanalista Janine Puget, scritte sotto forma di diario in cui gli autori si sono confrontati con l’imperativo etico di stare accanto ai loro pazienti in un momento di pericolo e di crisi globale.
Come spiega nell’introduzione Attilio Scarpellini “l’auto-segregazione collettiva, che è stata la prima misura adottata per rispondere all’irruzione di virus Covid-19 nelle nostre vite, ha dato immediatamente luogo a un inteso e diffuso movimento diaristico, come se scrivere fosse l’unico modo conosciuto nell’occidente laico e secolarizzato di occupare il minaccioso vuoto di quella che Ernesto De Martino, parlando del lutto, chiamava “crisi della presenza”. Come un terremoto o una catastrofe naturale, le persone più vicine agli epicentri pandemici sono quelle che maggiormente hanno sofferto di disturbi psicologici, in particolare disturbi post-traumatici, oltre che a sintomi d’ansia e depressione.
Come spiega la curatrice Monica Horovitz “tutto si amplifica quando si ha a che fare con un’epidemia e il contagio si diffonde tra coloro che hanno contatti più stretti. Nonostante i tentativi di identificare il pericolo con l’estraneo, è invece, il vicino a essere pericoloso, le persone con cui lavoriamo o dormiamo, con cui ci spostiamo, da cui ci rechiamo per fare acquisti o a cui vendiamo qualcosa, con cui studiamo o balliamo”.
Secondo Adelia Lucattini “il lockdown ha inizialmente sorpreso per trasformarsi assai presto in una situazione non comprensibile, anche perché “atemporale” e avvertita come minacciosa. Per la sua natura e la sua inconoscibilità, il Covid -19 ha lasciato perplessi cittadini e governanti, mentre gli esperti non hanno ancora risposte sufficienti nonostante l’estenuante lavoro in corso”. In questi ultimi due anni, è stato fondamentale il ruolo svolto dalla psicoanalisi.
“Di fronte alla catastrofe del coronavirus” scrive Christine Lorgeux Gallais, “mi sono trovata a provare sentimenti già vissuti. Vivere un evento cataclismatico nella propria vita personale esige che si lavori coi pazienti sull’irruzione dell’ignoto, dell’imprevedibile, di un tornado che minaccia di spazzare via la capacità stessa di lavorare, di ascoltare, di capire ciò che essi stanno cercando di comunicarci”.
Per Piotr Krzakowski “le nostre stanze d’analisi, solitamente capaci di offrire protezione in caso di fermenti sociali, non sono state direttamente toccate dalle manifestazioni degli scioperanti durante le sedute, ma dal Covid sì! Il suo potenziale infettivo ha posto sullo stesso piano paziente e analista di fronte ai rischi immediati e all’incertezza su chi potrebbe essere l’agente del contagio”.
Un libro interessante, non solo per gli addetti ai lavori, ma per tutti coloro che sono interessati a conoscere come lavorano gli psicoanalisti nella loro stanza d’analisi con i loro pazienti (transfert), le loro reazioni personali e professionali (controtransfert), i loro sentimenti.
Nel libro, ideato e suddiviso dalle curatrici, come gli atti di un’opera teatrale, in cui le scene sono composte dai diari personali di ognuno, stimolati dallo scritto di Janine Pujet, che ha sollecitato a riflettere sulla differenza tra “incertezza” e“ignoto”, non solo come psicoanalisti, ma come individui immersi nella corrente tumultuosa della pandemia in cui ci troviamo ancora e al tempo stesso, chiusi dentro le proprie case fisiche e interiori, a causa del lockdown.
Il saggio è il frutto di un gruppo al lavoro che fronteggia con armi specifiche, le conoscenze psicoanalitiche, il divenire della pandemia e della vita, come tutti noi.Nel volume, non mancano testimonianze internazionali. Come “il contesto libanese” descritto da Yara Tabet, in cui l’emergenza Coronavirus è arrivata in un contesto socio-politico particolare, con la popolazione inferocita nei confronti del Governo, che aveva da poco introdotto una tassa sull’uso di applicazioni come WhatsApp.
Elena Gloukhovskaia ha descritto le prime fasi della pratica analitica “in tempo di pandemia e di confinamento”.
Adelia Lucattini, invece, ha ben descritto il ruolo svolto dai professionisti nel servizio pubblico in Italia, in cui è stato garantita assistenza a tanti pazienti che hanno dovuto ricorrere ai servizi dei Centri di Salute Mentale.
Casi specifici e situazioni particolari vengono messi in evidenza dagli interventi di Elena Gloukhovskaia che analizza il caso di un minore proveniente da una situazione disagiata, Francesca Mosca che descrive la sua esperienza in un reparto di neuropsichiatria infantile, mentre Yara Tabet focalizza l’attenzione su alcuni aspetti connessi all’uso delle tecnologie per seguire on-line i pazienti durante il lockdown.
Nell’ultima parte del libro, vengono poste considerazioni su come tornare a vivere dopo il lockdown.
“Alla ricerca di un nuovo equilibrio con il virus, abbiamo vissuto tutti fasi alterne. Si è passati dall’idea trionfalistica dell’immunità di gregge e della guarigione, allo scoramento, quando si è stati colpiti da questa nuova ondata. Ora, nella consapevolezza di dover accettare una prolungata convivenza col virus, gestita in modo sempre più individuale, l’atteggiamento collettivo sta cambiando.
Da una parte, si fa strada una visione più matura e meno spaventata, che riconosce l’efficacia della scienza. Dall’altra, aumenta il carico d’ansia, associato alla consapevolezza che la scienza ha limiti intrinseci”.
“Durante tutti i mesi di confinamento”, scrive Adelia Lucattini, “l’analisi con i pazienti non si è mai interrotta, dapprima, a studio con i presidi di sicurezza personale, poi anche da remoto, fino alla fine del lockdown”.
Per Sophie Rougeot “con i nostri pazienti abbiamo fatto fronte alle conseguenze del lockdown sulla loro pelle e su noi stessi. Oggi, ne viene annunciata la fine e possiamo anticiparne gli effetti”.
Nel post-scritto Yolanda Gampel spiega che “non avevamo l’obiettivo di scrivere un libro, esso è nato, ‘come un di più, rispetto alle incertezze percepite e vissute durante la pandemia, le perdite, i rapidi cambiamenti da adottare per mantenere un collegamento tra il dentro e il fuori”.
“Psychoanalysts in Lockdown. Ephemerides of minds at a distance”
Edited by Monica Horovitz and Adelia Lucattini (Solfanelli, 2022)
Book reviewed by Marialuisa Roscino
The pandemic, in its worst phase, has brought enormous malaise and discomfort. Not least the psychological ones. In fact, it has been estimated that, at an international level, 35% of the population has also shown symptoms related to isolation such as anxiety, insomnia, post-traumatic stress and a lower percentage of depressive disorders. The post lockdown will therefore involve a series of problems and aspects that must necessarily be monitored and addressed. On this theme I happen to own the book “Psychoanalysts in Lockdown. Ephemerides of minds at a distance ” (Solfanelli), edited by Monica Horovitz and Adelia Lucattini.
An interesting book not only for professionals but for all those who are interested in knowing how psychoanalysts work in their analysis room with their patients (tranfert), their personal and professional reactions (countertransference), their feelings. Finally, the perception of the world through the filter of the mind not only as an individual but as a group. In the book, subdivided by the editors as the acts of a play in which the scenes are from personal diaries of each inspired by the writing of Janine Pujet who urged to reflect on the difference between “uncertainty” and “unknown” not only as psychoanalysts but as individuals immersed in the troubled waters of the pandemic in which we still find ourselves in and at the same time closed in within our own homes because of lockdown. The essay was created by a group at work armed with psychoanalytic knowledge, confronting the ongoing pandemic and of life, as we go about our daily life.
As stated in the introduction, the volume as a collection the testimonies from fourteen psychoanalysts located in different countries (France, Italy, Argentina and Lebanon) on their professional activity during the lockdown of March 2020 due to the Covid-19 pandemic. These are reflections inspired by the psychiatrist and psychoanalyst Janine Puget, written in the form of a diary in which the authors were confronted with the ethical duty to stand by their patients in troubled times. As Attilio Scarpellini explains in the introduction, “the collective self-segregation, which was the first measure taken to respond to Covid-19 viruses attack in our lives, immediately gave rise to an intense and widespread diary movement, as if writing was the only known way in the secular and secularized West to occupy the threatening void of what Ernesto De Martino, speaking of mourning, called “crisis of presence”. Like an earthquake or a natural catastrophe, the people closest to the pandemic epicenters are those who have suffered the most from psychological disorders, particularly post-traumatic disorders, as well as symptoms of anxiety and depression.
As curator Monica Horovitz explains, “everything is blowen up out of all proportion when you’re dealing with an epidemic and the contagion spreads among those who have the closest contact with. Despite the attempts to identify the danger with the stranger, it is instead the neighbour who is dangerous, the people whom we work or sleep with, we go around with, we go shopping with or selling something to someone and whom we study or dance with”.
According to Adelia Lucattini “at first the lockdown had quickly and surprisingly turned into baffling situation because it is timeless and felt as threatening nature. The unknown has left ordinary citizens and governors totally perplexed, while the experts still do not have all the answers despite the exhausting work in progress”. In these last two years, the role played by psychoanalysis has been fundamental. “Faced with the coronavirus catastrophe”, writes Christine Lorgeux Gallais, “I found myself experiencing feelings I had already experienced. Experiencing a cataclysmic event in one’s personal life demands that we work with patients on the irruption of the unknown, the unpredictable, a tornado that threatens to wipe out the very ability to work, to listen, to understand what they are trying to communicate to us”. For Piotr Krzakowski, “our analysis rooms, usually capable of offering protection in case of social unrest, were not directly affected by the strikers’ demonstrations during the sessions, but Covid was! Its infectious potential placed patient and analyst on an equal footing in the face of immediate risks and uncertainty about who might be the agent of contagion”.
The book does not lack testimonies around the world. Such as “the Lebanese context” described by Yara Tabet, in which the Coronavirus emergency arrived in a particular socio-political context, with the population enraged at the government that had recently introduced a tax on the use of applications such as WhatsApp. Elena Gloukhovskaia described the early stages of analytical practice “in times of pandemic and living in confinement”. Adelia Lucattini, on the other hand, well described the role played by professionals in the Public Service in Italy, where assistance was guaranteed to many patients who had to use the Services of Mental Health Centers. Specific cases and particular situations are highlighted by the interventions of Elena Gloukhovskaia who analyzes the case of a adolescents from a disadvantaged situations, Francesca Mosca who describes her experience in a Department of Child Neuropsychiatry, while Yara Tabet focuses on some aspects related to the use of technologies to follow patients online during lockdown.
In the last part of the book, considerations are taken about how to return to life after the lockdown. In the search of for a new balance with the virus, we have experienced alternating phases. We have gone from the triumphalist idea of herd immunity and healing, to discouragement when hit by this new wave. Now, in the awareness of having to accept a prolonged coexistence with the virus managed in an increasingly individual way, the collective attitude is changing. On the one hand, there is a more mature and less frightened vision that recognizes the effectiveness of science. On the other hand, the burden of anxiety associated with the knowledge that science has inherent limitations is increasing. “During all the months of living in confinement”, writes Adelia Lucattini, “the analysis with the patients never ceased, first at the studio with personal safety garrisons, then also remotely, until the end of the lockdown.” For Sophie Rougeot” with our patients we have faced the consequences of the lockdown at their peril and ours too. Today its end is announced and we can anticipate its effects”. In the postscript, Yolanda Gampel explains that “we didn’t have the objective to write a book, it came about ‘as an addition’ with all due respect to the uncertainties concerning the pandemic, the losses, the sudden changes to be adopted to maintain a connection between the inside and the outside of ours minds”.