Lo stress ossidativo. Un fattore emergente di rischio per la salute.

Lo stress ossidativo. Un fattore emergente di rischio per la salute.

Con il parere del Prof. Eugenio Luigi Iorio, Presidente dell'Osservatorio Internazionale dello stress ossidativo.

Nel nostro organismo esiste un dinamico ma delicato equilibrio fra la produzione ed eliminazione di una serie di specie chimiche, spesso reattive, quali, ad esempio, i radicali liberi, dotati della singolare capacità di “ossidare” ossia di sottrarre un equivalente riducente (un elettrone isolato o veicolato da un protone sotto forma di atomo d’idrogeno) ad atomi o molecole bersaglio.

Radicali liberi ed altri ossidanti giocano un ruolo notevole nella “comunicazione cellulare” e, più in generale, in tutti i processi omeostatici (es. controllo della risposta immunitaria, dell’emostasi, della perfusione tissutale etc.). Tuttavia, per la loro “avidità” di elettroni, essi possono danneggiare molecole chiave, quali gli acidi grassi poliinsaturi delle membrane cellulari ovvero gli acidi nucleici, specialmente a livello mitocondriale, con conseguenti alterazioni funzionali e/o strutturali. Per questo motivo, nel corso dell’evoluzione, gli organismi viventi hanno sviluppato un complesso sistema, detto antiossidante, in grado di modulare l’azione delle specie reattive prevenendone la potenziale lesività.

“Qualsiasi incremento patologico dei livelli di specie ossidanti (per aumento della loro produzione e/o riduzione della loro eliminazione da parte delle difese antiossidanti), può condurre a un danno subcellulare che, se non prontamente ed efficacemente tamponato e riparato, si estenderà a tutta la cellula e poi ai tessuti circostanti fino a configurarsi come patologia di organo o addirittura di apparato o sistema” – osserva il Prof. Eugenio Luigi Iorio, Presidente dell’Osservatorio Internazionale dello stress Ossidativo.

Il Prof. Iorio spiega a riguardo: “Si parla in questi casi di stress ossidativo. Diverse le sue cause: esogene (esposizione a radiazioni ionizzanti, inquinamento ambientale, fumo di sigaretta, alimentazione non equilibrata, abuso di bevande alcoliche o di farmaci, infezioni) e/o endogene (difetti genetici, inadeguato esercizio fisico, malattie). Quattro i meccanismi ad esse sottese: l’infiammazione, l’esaltazione del metabolismo ossidativo, l’effetto indesiderato di alcune reazioni di detossificazione di fase I e i fenomeni ischemico-riperfusivi. Molteplici ed imprevedibili gli effetti, in funzione del bersaglio colpito (cute, articolazioni, muscoli, endotelio, neuroni, etc.). Lo stress ossidativo, infatti, è associato all’invecchiamento precoce e ad almeno un centinaio di patologie (artropatie, miopatie, cardiovasculopatie, malattie neurodegenerative etc.). Purtroppo, al contrario di queste condizioni, quasi sempre identificabili con un corretto esame medico ed una serie di indagini ormai ben codificate, lo stress ossidativo è molto più subdolo, poiché non dà luogo a dei sintomi caratteristici, né ad un quadro clinico particolare. Pertanto, al medico che non ne sospetti l’esistenza, lo stress ossidativo non fornisce alcun elemento tale da suggerire un approfondimento diagnostico. D’altro canto, secondo un costume ormai consolidato, non è abitualmente prevista l’esecuzione preliminare di alcun test di laboratorio, pur disponibile per la routine clinica, per dimostrare – tramite la quantificazione nel sangue di adeguati indicatori biochimici (marker) – la necessità oggettiva di tali formulazioni”.

“In altri termini, – aggiunge- il Presidente dell’Osservatorio Internazionale dello stress Ossidativo – mentre è ormai acquisito che un farmaco ipocolesterolemizzante va assunto solo dopo che un test abbia documentato inequivocabilmente un elevato livello ematico di colesterolo, è oggi sempre più diffusa la tendenza ad assumere antiossidanti anche senza la documentazione puntuale, a livello ematico, di un aumento del livello dei radicali liberi e/o di una riduzione delle proprie “fisiologiche” difese antiossidanti. Proprio perché non è ancora diventata buona prassi eseguire preliminarmente una valutazione di laboratorio dello stress ossidativo. Oggi, invece, le evidenze scientifiche dimostrano che un’adeguata valutazione biochimica su sangue (o meno spesso, su urine o tessuti) può consentire l’identificazione e la definizione circostanziata di una condizione di stress ossidativo e rendere possibile, quando indicato, la messa a punto ed il monitoraggio di un’eventuale terapia antiossidante. A patto che il test prescelto rispetti una serie di condizioni. A tal proposito, la mia personale esperienza nel corso degli ultimi 15 anni in questo affascinante campo della Diagnostica Molecolare mi ha portato a definire le caratteristiche del biomarcatore ideale, che possono così essere riassunte: a) capacità di misurare in maniera affidabile il livello di stress ossidativo; b)stabilità chimica nel tempo: c) adeguata validazione attraverso tecniche ritenute golden standard (es. ESR); d) livelli accettabilmente elevati di sensibilità, specificità e precisione; e) capacità di fornire informazioni affidabili già in una fase precoce della malattia; f) capacità di anticipare la progressione della patologia nel corso di un monitoraggio sistematico; g) sufficiente sensibilità a modificarsi in funzione di specifici trattamento e/o assunzione di integratori antiossidanti; h) minima invasività, elevata compliance, rapidità; i) rapporto costi/benefici ottimale. In realtà, il marcatore biochimico e, quindi, il test ideale non esiste. Tuttavia, si possono ottenere informazioni affidabili associando più marcatori (panel), almeno uno per la valutazione del livello di ossidanti ed almeno uno per la determinazione della capacità antiossidante. Grazie a questi test, disponibili presso un numero crescente di strutture sanitarie, è oggi possibile stabilire – eventualmente in tempo reale, grazie a strumentazioni analitiche dedicate portatili – se lo stress ossidativo è dovuto ad un aumentata produzione e/o ad una ridotta capacità di eliminazione dei radicali liberi”.

 

 

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